da un'idea di "Era un anno a casa" un blog tutto ... da leggere!!!

venerdì 9 agosto 2013

Scake (41 anni) recensisce "Hannah e le altre" di Nadia Fusini



"Hannah e le altre"
Nadia Fusini
Einaudi
Mi sono appassionata a questo libro in maniera del tutto travolgente, ma soprattutto inaspettata.
Inaspettata perché non sono un'accanita lettrice di testi di saggistica, né di filosofia, né di poesia.
Mi interessano si` la letteratura e le biografie (ed in effetti è stata questa la molla che ha fatto scattare la voglia di affrontare questa lettura), ma mai avrei pensato di volgere tanta attenzione ad un opera di tale portata.

Tutto e' iniziato con un trasmissione radiofonica che seguo spesso, che si chiama Fahrenheit e che e` in onda dal lunedì al venerdì su radiotre alle 15.00.
La conduttrice un giorno ospita in studio Nadia Fusini ed io, che nel frattempo ero in macchina ad attendere l'apertura della scuola materna per andare a prendere mia figlia, mi metto ad ascoltare con interesse il dialogo fra le due perché si sta parlando di Virginia Woolf e anche di Simone Weil.
Scopro che Nadia Fusini ha scritto su molte donne letterate perche` le ha messe al centro dei suoi studi, è traduttrice dall'inglese di parecchie opere classiche ed ha occupato prestigiose cattedre. Al momento insegna nell'Istituto Italiano di Scienze Umane.

Ho nutrito nei confronti di Virginia Woolf sentimenti contrastanti: una sincera ammirazione per la sua mente feconda, un'altrettanta sincera compassione per la sua malattia, ma anche una particolare antipatia per via di certi suoi atteggiamenti snob nei confronti di altri scrittori del suo tempo.
Ho letto "Al faro" proprio nella traduzione della Fusini (come ho scoperto a posteriori!) e stralci del suo "Diario", ho vissuto con intensita` la visione di "The Hours" di Daldry e Cunningham, l'ho spiata nei suoi atteggiamenti piu` casalinghi attraverso gli occhi di diversi autori contemporanei: "D'armonia risuona e di follia" di Eugenio Borgna, "La scrittrice abita qui" di Sandra Petrignani, me ne sono andata a passeggiare da sola a Bloomsbury, in silenzio e senza fretta, sbirciando tra le finestre, le porte, immaginando il giro di letterati che frequentava quel quartiere, respirando quell'aria cosi` pacifica ed elegante che fluttua in quell'angolo di Londra.


Bloomsbury - London , Aprile 2013


scolari in visita al British Museum
Inoltre sono sempre stata curiosa di leggere gli scritti di Simone Weil. Ho cominciato a sentire parlare di lei alla presentazione di un film che non sono ancora riuscita a vedere purtroppo e che si chiama "Le stelle inquiete", poi l'ho sentita nominare altre volte anche nell'ambito di discorsi attorno alla religione, per la sua ostinazione nel voler "fare la giusta cosa", nel voler mischiarsi con i lavoratori poveri e condividere con loro la durezza della quotidianita`, lei che veniva da una famiglia agiata

E quindi sentire parlare Nadia Fusini e` stato come essere trascinata da una forza magnetica.
Il primo capitolo di questo volume e` stato poi il sigillo di un richiamo potente:
"...Una donna e` una donna, non e` affatto uguale all'uomo. E` assolutamente un bene che vi siano doni e carismi diversi, che accanto alla forza, alla severita`,alla disciplina, alla autorita` esistano l'abnegazione e la fedelta` e la purezza e il coraggio: ma e` un male se questi diversi doni diventano tratti identitari che valgono nel senso di una discriminazione."
Virginia Woolf  crea la prospettiva per capire come si muove lo sguardo delle protagoniste. Di fronte agli avvenimenti tremendi che scuotono l'Europa si domanda dov'e` "the woman's angle"? dove "angle" sta per punto di vista. 
Qual'e` il punto di vista delle donne? 

"Hannah e le altre" e`un libro che parte dal concetto di violenza come peculiarita` di un tratto maschile della societa` e le tre protagoniste che sono donne e donne sensibili, hanno imperniato la loro ricerca attorno a questa idea per portare avanti una lotta personale e pacifica, con devozione e convinzione.
Tre donne molto colte, molto aperte, molto generose nello scambio, molto prolifiche nella scrittura.
Tre donne europee che vivono sulla loro pelle e quella dei loro cari il primo '900 con l'inizio delle guerre e dell'intolleranza, tutte di orgini ebree devono confrontarsi con la loro appartenenza ad una genia così tormentata. Si chiedono il perche`, il come, il dove (sono costrette alla fuga in America per la sopravvivenza).
Tre donne che si sfiorano soltanto durante tutta la vita, che non avranno mai relazioni strette tra loro, ma che incredibilmente percorrono un cammino di ricerca quasi sovrapponibile, partendo dalla stessa domanda, calcando le stesse orme, lo sguardo filosofico volto a stanare le stesse pieghe irrisolte dell'esistenza e giungendo infine a formulare declinazioni complementari dello stesso pensiero.

Simone Weil


Rachel Bespaloff




Hannah Arendt



E` ovvio che non ho la preparazione giusta, ne` la competenza adatta ad illustrare qui con la proprieta` di linguaggio che le si confa` un'opera cosi` straordinaria. Quello che vorrei trasmettere a chi mi legge e` la sensazione di beatitudine provata scorrendo le considerazioni dell'autrice che nella narrazione precedono, sorvolano, sviscerano il pensiero di queste coltissime donne, ma che alla fine si fermano sul ciglio della loro fine senza giudicare, senza posporsi, senza emergere, rispettando le loro scelte concrete, gli atti di vita compiuti con la caparbieta` tipica della donna che porta in se` la matrice della vita e che ha la testa innestata nel cuore.

Attorno a Simone, Rachel, Hannah si muove un popolo di pensatori, filosofi, sociologi, che interagiscono tra loro come amici, come sostenitori, come compagni di avventura. Si comportano tutti come appartenenti ad uno stesso popolo perche` condividono gli stessi problemi concreti: sopravvivere alla persecuzione, aiutare chi per l'odio razziale soffre, cercare una soluzione, capire il perche`.
La loro comunicazione e` un fluido di parole e scritti dal linguaggio intenso e pregno di senso, con una grande tensione verso la ricerca e la partecipazione. Lettere, conferenze, libri, giornali tutto serve a mantenere attivo un cuore pulsante di princìpi, di moralita` che nella terra natia sarebbe gia` sepolto sotto le macerie della guerra o incenerito in un campo di concentramento.
Alcuni esportano in terra d'America perfino un vero e proprio "tempio", fondato prima della prima guerra mondiale in Francia a Pontigny, dove potersi incontrare, vivere assieme e ascoltare, scambiare idee, aggiornarsi.
Nella bellissima, composita, eterogenea massa di "pensatori" che mi compaiono accanto durante la lettura metto a fuoco volti a me spesso sconosciuti, occasionalmente noti o solo sfiorati: Katherine Mansfield, Jean Wahl, Albert Camus, Jean Paul Sartre, Irene Nemirovsky per citarne solo alcuni, ma tanti, tanti, tanti altri.

Questo libro mi ha aperto un mondo, ha dischiuso una dimensione a me totalmente sconosciuta che e` quella della donna di fronte alla violenza della guerra. E chi meglio dell'individuo femmina puo` permettersi di porsi davanti ad un fenomeno cosi` devastante per parlarne e cercarne la risoluzione?
La donna portatrice di vita di fronte alla guerra portatrice di morte: due entita` opposte di pari potenzialita`? Questa e` una domanda che inevitabilmente mi sono posta, che ha cercato un parere definitivo nelle vicende affettive di queste tre donne, perche` poi e` sulle scelte, sulle relazioni umane che ti rispondi, che concretizzi la tua idea di fondo.
E credo di essermi fatta un'opinione in merito, credo che il merito della Fusini sia anche quello di aver permesso con la sua narrazione fedele e delicata, che accompagna, ma non invade, di afferrare che le due entita` sono opposte di pari potenzialita`, ma non sono sullo stesso piano e anche se lo scontro sembra diretto la donna che soccombe ad un atto di violenza si lascia dietro comunque vita nei ricordi, negli scritti, nelle persone.

Il linguaggio con cui Nadia Fusini si esprime e` elegante, scorrevole, appassionato.
Anche per una come me che ha studiato letteratura in un liceo scientifico ad indirizzo matematico-fisico (ma volevo fare il classico...) e` lampante che dietro quest'opera c'e` il lavoro di una vita, ore e ore e ore di letture, di studio (come risulta dalla interminabile appendice bibliografica che non ringraziero` mai abbastanza l'autrice di aver condiviso).
Per me questa lettura e` un punto di partenza: uno sguardo necessario su un periodo storico che va tramandato.
Per chiudere voglio solo aggiungere un pensiero di Marcello Fois che ho ascoltato oggi alla radio e che mi ha fatto decidere per questa recensione. Fois parlava de "I promessi sposi" e inquadrandolo come un grande classico ne spiegava il perche` dando delle definizioni di cio` che e` effettivamente il romanzo classico,
Tra le varie caratteristiche del romanzo classico c'e` quella di fregarsene della felicita`. La felicita` non e` l'obbiettivo in questo tipo di romanzo, anzi quando arrivi alla felicita` il romanzo classico e` finito da un pezzo. Esso si muove attorno alle sfumature della quotidianita` analizzando e narrando le vicende umane.
E ` necessario tornare ai classici e mi sa che dopo una vita passata a rifuggirli con i sensi di colpa sono pronta ora ad affrontarli, ora che in eta` piu` adulta non sono in cerca della "felicita`-a-tutti-i-costi" nelle mie letture perche` in realta` adesso voglio sapere cosa c'e' attorno alla costruzione di questa felicita`.

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Grazie Scake