da un'idea di "Era un anno a casa" un blog tutto ... da leggere!!!

domenica 31 maggio 2015

Un anno dopo la seconda puntata di un semestre di letture: Chaim Potok, ma anche Gheula Canarutto Nemni e me, che grazie a lei rileggo la mia vita.

(Del primo semestre scrivevo qui).
L'anno scorso facevo delle ricerche sugli ebrei messianici.
Mia cognata ci ha dedicato la tesi di laurea e mi incuriosiva davvero sapere perchè un ebreo decida di rimanere ebreo quando inizia a credere in Gesù come figlio di Dio, visto che la differenza tra le due fedi è poi tutta incentrata su questo.

Il fatto che noi cristiani abbiamo le radici del nostro credo nell'ebraismo mi ha sempre affascinato: Gesu` di fatto era ebreo.

L'identita` e la dignita` dell'individuo ebreo sta nel suo rapporto con Dio.
E' Dio che ha creato il popolo ebraico la' dove invece esisteva solo una massa di schiavi in Egitto al tempo del Faraone Ahmose nel 1550-1525 a.C. circa. 
Gli ebrei ne sono talmente convinti che il tempo della loro intera esistenza personale e collettiva sulla terra, tutta la lunga tradizione rituale, perfino la scansione delle ore, i gesti quotidiani sono imperniati attorno alla relazione con YHWH, l'unico Dio dal nome impronunciabile per la sua immensita` e potenza.
La certezza della esistenza e della bonta` di Yahveh e`radicata nel cuore dell'ebreo perche` i suoi padri hanno vissuto nella loro carne la liberazione dalla morte, dalla schiavitu`, il passaggio alla liberta`, alla nuova vita, alla dignita` di popolo, alla terra promessa fertile e bella.
Ha sperimentato la sua finitudine e infedelta` a questo progetto divino attraverso il cammino nel deserto, ha visto come Dio lo ha amato e lo ha preceduto sempre senza stancarsi della debolezza umana. I padri hanno tramandato ai figli e i figli ai loro figli questo precetto, attraverso la narrazione orale e la lettura della Torah: il precetto di amare Dio rispettando le Dieci Parole consegnate sul Sinai a Mose` (quelli che noi occidentali definiamo i Dieci Comandamenti) che sono la Costituzione del popolo di Israele. Dio tira fuori degli schiavi dall'Egitto e ne fa un popolo, affida l'organizzazione delle cose a Mose` dialogando man mano con lui, crea delle leggi che conferiscano dignita` agli Israeliti come popolo e lo conduce attraverso un lungo cammino nel deserto e finalmente gli consegna un paese dove abitare.
La conquista di questo territorio è preceduta da un lunghissimo percorso di 40 anni nel che guardando la cartina appare assurdo ed in effetti lo è: Dio permette che questo popolo ritardi di 40 anni l'entrata in patria facendogli allungare il percorso e questo perché?
Perché ci vuole molto tempo prima che l'uomo impari ad affidarsi a Dio, a rendersi conto che la storia che gli sta costruendo è buona per lui, attraverso mormorazioni, incredulità, ribellioni il popolo di Israele si rende conto che Dio lo ama, che ogni volta lo perdona, cha ha a cuore la sua vita, che sempre lo salva, lo cura, lo nutre, lo disseta e quando finalmente il rapporto tra il popolo e il suo Dio diventa di totale abbandono, di fiducia, di gratitudine, gli ebrei metteranno radici in Palestina "terra di latte e miele".

Tutta la Torah è un ricordare ciò che Dio ha fatto con gli ebrei. Se un padre trova la fonte di un'acqua miracolosa non si sente forse in dovere di dare da bere di questa fonte anche ai suoi figli? Così i genitori ebrei parlano ai loro bambini raccontando i fatti perché possano conoscere questo Dio grande e potente che ha pensato a loro da sempre.

Chaim Potok

Tutto questo è necessario tenerlo a mente se si vuole affrontare la lettura delle opere di Chaim Potok gustandole appieno, in ogni sua piega, perché questo autore nasce nel 1929 in una famiglia ebrea non chassidica ma molto ortodossa, negli Stati Uniti dove la comunità ebraica in quel periodo era molto forte, gli ebrei si erano conquistati spazi e potere e potevano esercitare i loro uffici grazie anche alla conquista di quartieri interi in città: scuole, sinagoghe, negozi, tutto permetteva loro di vivere il culto pur essendo lontani in esilio dalla loro terra natia.
Lo sforzo che ha compiuto in vita Potok, e di cui i suoi romanzi sono la testimonianza, è stato quello di affrancarsi dalla rigidità e dalla chiusura della comunità ebraica in cui era cresciuto senza rinnegare il suo credo. I piedi piantati in una grande conoscenza della Torah, che per tutti i ragazzi veniva dall'approfondimento degli studi nelle Yeshiwah (scuole di formazione), ma la mente aperta alla novità dei tempi e il cuore libero di esprimersi e contaminarsi con il pensiero altrui. Questo tenta di fare Asher Lev (il protagonista del romanzo che lo ha portato alla grande notorietà), coraggiosamente e testardamente, la sua rottura degli schemi attraverso la pittura non si realizza rigettando la figura paterna che incarna la legge e la sua osservanza, Asher Lev nutre un profondo rispetto per i suoi genitori ed i suoi maestri anche quando questi saranno estremamente duri con lui, ma semplicemente lascia che la passione artistica che gli scorre dentro esca allo scoperto, si metta a nudo, mai schierandosi né contro né a favore dei due mondi ai confini dei quali inevitabilmente si trova costretto a vivere, sarà relegato a condurre una vita di stranezze ed originalità in una zona franca, cittadino di due mondi che si sfiorano ma non si capiscono e pur desiderandosi a vicenda convivono senza comunicare.

Più riguardo a L'arpa di Davita
L'arpa di Davita
Ho letto i libri di Chaim Potok come un vero dono: Danny l'eletto, La scelta di Reuven, L'arpa di Davita, Il mio nome é Asher Lev, Il dono di Asher Lev, In principio. E ancora alcuni mi attendono.

Anche a distanza di tanto tempo, anche ora che ne scrivo e sono passati mesi dall'ultima volta che li ho sfogliati, conservo una certa nostalgia per gli ambienti che vi sono descritti. Le stanze in penombra dove la luce non viene accesa per osservare il sabato avrei voluto che diventassero per sempre le mie stanze interiori, perché lì si è capaci di stare a riposo, non si ha paura dell'inattività, si può sorseggiare il té, colloquiare assieme agli altri o immergersi in un libro senza fretta, meditare o ascoltare musica aspettando che il giorno finisca, perché Dio è padrone del tempo, il sabato è suo e l'ebreo glielo restituisce ogni settimana.

Ma ho letto anche un'altra opera molto interessante scritta da un membro della comunità ebraica italiana ortodossa di Milano.
La cosa che mi ha colpito quando mi sono trovata questo libro tra le mani in biblioteca è che l'autore è donna, si chiama Gheula Canarutto Nemni e "(Non) si può avere tutto" è il suo primo romanzo. Dietro il volto della protagonista Deb c'è quello di Gheula che descrive la sua storia personale di donna, mamma e lavoratrice.

Gheula Canarutto Nemni





Il titolo è la risposta al quesito che Deb rivolge a se stessa: la donna che si apre con generosità alla maternità perchè lo ritiene un dono di Dio può realizzare le sue aspirazioni professionali in un contesto lavorativo nella società attuale?Il racconto di Gheula é stata una freccia al cuore per me, che non sono ebrea, ma mi rispecchio in molte delle sue scelte di donna, proprio perché la MIA religione ha le radici nella SUA e le esperienze sono comuni.
Mi ha colpito profondamente perché anch'io ho tanti bambini in casa, nati tutti in pochi anni, anch'io sono una laureata appassionata del proprio lavoro e anch'io ho fatto la stessa scelta di Deb quando mi sono resa conto che il mondo lavorativo a cui appartenevo mi viaggiava accanto senza mai permettermi di toccarlo attraverso la mia realizzazione personale. Mollare il posto di lavoro per cui avevo investito tanti anni di duro studio, km di treno, soldi dei miei genitori è stato un atto di amore verso la mia famiglia, ma soprattutto verso me stessa che mi meritavo una vita più dignitosa, scevra da compromessi e coerente con tutto ciò in cui credevo. Appoggiata da mio marito che non ha anteposto la situazione finanziaria della nostra famiglia al mio benessere, sono andata a licenziarmi il giorno in cui dovevo ridiscutere il mio part time con il direttore, riscuotendo molte perplessità tra le colleghe che hanno pensato fossi un'emerita cretina.

Questo è successo tre anni fa ed io oggi lo racconto con orgoglio e non come una sconfitta. Perché?
Perché l'ho vissuto come una conquista.
Oggi sono libera di esprimermi come credo, con i miei tempi, le mie possibilità senza più rincorrere un posto di lavoro per il quale sacrificavo momenti famigliari preziosi di crescita, di affetto, di confronto, sempre assente o se presente troppo stanca per viverli. Cercare di essere apprezzata per le mie capacità in un mondo in cui davo fastidio già solo con la mia presenza era un'impresa impossibile e questo mi frustrava, non mi sentivo affatto a posto.
La maggior parte delle persone che mi circondavano (e onestamente la quasi totalità donne) pensavano che fossi una specie di mostro degli abissi con i tentacoli in ogni ambito: matrimonio felice, tanti figli, una casa, un lavoro stabile, una fede vissuta, molti interessi extra lavorativi...ma cosa vuole questa? Ma chi si crede di essere?
In realtà io sono sempre stata una di loro, con le stesse debolezze e paure, ma le vivevo diversamente, con più fiducia, buttandomi a capofitto in ogni esperienza. Anche la collega più cara che avevo e a cui ancora sono legata con affetto un giorno tra un discorso e l'altro disse: "In fondo anche queste mamme che lavorano se ci tengono tanto a crescere i figli perché non lasciano il posto alle più giovani che hanno bisogno di lavorare?". La cosa le venne fuori così spontaneamente senza pensare di ferirmi, senza malizia, tanto che poi se ne rese conto e mi chiese scusa.
Così quando la vita stanca di domandarmi: "Ma tu mi stai vivendo davvero come vorresti?" (parafraso e modifico dal profilo di Gheula) mi ha inchiodato al letto per qualche settimana e mi ha costretto a guardare in faccia alla realtà ho dovuto rispondere: "No vorrei forse qualcosa di più".
E me ne sono andata.

Comunque la pensiate sulla religione, le donne, il lavoro e la famiglia vi consiglio di leggere questi libri. Aprono ad un mondo diverso e possibile, ad una realtà che i più non conoscono, ma viva e tangibile.






1 commento:

  1. Letto ora per caso questo post. Mi ricordo di quando sei venuta a trovarmi per la prima volta, ed eri, almeno così mi parve, in piena crisi da scelta.
    Mi hai fatto venire voglia di leggere il libro...
    Una volta scrissi una lettera all'Adige, cercando di spiegare le motivazioni che mi avevano spinta a fare la scelta di lasciare il lavoro per stare a casa (io, atea, di famiglia comunista e femminista, un insulto!). Ricevetti a casa una lettera di una signora che mi raccontava della sua infanzia senza mamma perchè troppo impegnata nel lavoro...la tengo ancora cara.

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Questo commento sara' letto anche dai miei bambini, tienilo presente!
Grazie Scake