da un'idea di "Era un anno a casa" un blog tutto ... da leggere!!!

venerdì 14 settembre 2012

Scake (40 anni) recensisce "Toast-the story of a boy's hunger"


 Toast: the story of a boy’s hunger
Di Nigel Slater

A.Bourdain
Come genere mi ricorda 'Kitchen Confidential-Avventure gastronomiche a New York' di Anthony Bourdain. Ma e' un po’ piu' elegante, meno istrionico, meno autocelebrante, piu’ tagliente. Racconta di se’ fino in fondo senza veli, ma come se parlasse di qualcun’altro, con quel tono tipicamente british quasi sempre distaccato . 
Un libro coraggioso indubbiamente. Non capisco se sia stato frutto dell’ennesimo sfizio da parte di un uomo socialmente e professionalmente arrivato o di un desiderio estremo e sincero di catarsi.
Il libro di Bourdain voleva essere un libro verita’ sul mondo della cucina professionale: una macchina che va a vizi e perversioni, soldi e potere e lui pur avendo la stoffa per esserne l’ingranaggio perfetto ha aperto gli occhi e ha voltuto smascherare quel mondo solo all’apparenza dorato prendendosi i suoi rischi . In realta’ Bourdain ha trovato un pubblico che l’ha accolto a braccia aperte proprio per la sua immagine di bravo e maledetto, oggi e' famoso e ricco. Chi non risica non rosica.



La formazione di Slater invece non viene dall’universo urbano degli eccessi, ma dalla pulita, bucolica, elegante e puritana middleclass della provincia inglese.
Eppure anche il suo percorso verso l’arte culinaria parte dal basso.
Dal dolore della perdita della mamma totalmente incapace ai fornelli, ma dolce e amorevole,
dal rapporto difficilissimo con un padre dal carattere imprevedibile: irascible e violento quanto romantico e goloso,
Dalla sudditanza psicologica nei confronti della cucina goduriosa ed abbondante della seconda moglie del padre che tanto brava e’ ai fornelli quanto fredda e distante nei riguardi di questo bambino da pochissimo orfano della sua mamma.
C'e' tutta la storia della sua infanzia.
L’infanzia di un bambino timido, gracilino, silenzioso, ma che apprezza o rifiuta con la stessa identica passione il cibo senza lasciarsi sfuggire alcuna sfumatura: gusto, profumo, consistenza, temperatura tutto viene analizzato e impresso nella sua memoria limbica.  
Non poteva che diventare un esperto di gastronomia un bambino cosi’!
Poi arriva la crescita fisica e con essa iniziano le prime esperience corporee che come gia’ annunciato con il gusto anche con il resto dei sensi non possono che essere esagerate.
E’ impressionante come questi grandi chef siano stati un tempo dei ragazzi completamente in balia dei loro sensi. Credo faccia parte del loro corredo cromosomico: una sensibilita’ particolare forse predispone ad una adolescenza veramente scollegata dal cervello! Non che i maschi quindicenni in generale non comincino ad un certo punto a ragionare invece che con la testa con un altro tipo di organo…Ma in questo libro come in quello di Bourdain sembra che la formazione professionale gastronomica passi sempre attraverso la trivialita' e la sregolatezza estrema. Sembra che il cibo visto dal punto di vista del mondo della ristorazione induca ad una vita “sporca” e “malsana” (notti insonni tra alcol e sesso, alimentazione completamente senza orari ingurgitando cio‘ che capita quando si ha fame, rapporti affettivi quasi del tutto inesistenti). Dico malsana-che-fa-male, ma dico anche sporca-che-macchia perche’? Mi ricollego a quanto detto in precedenza: queste vite narrate danno l’impressione di essere un modo per “pulire la coppa dall’interno”, non semplicemente smacchiare il grembiule e sorridere al mondo dal piedistallo della notorieta’, ma capire di aver acquistato sufficiente saggezza da essere in grado di tirare fuori il diamante dalla roccia grezza. Via l’imbarazzo, via il disagio delle situazioni ambigue ed imbarazzanti come ad esempio quando fu costretto a condividere una minuscola stanza per un'intera stagione con un collega cuoco che passava tutte le notti a letto con una cameriera dell’hotel.
 
Uno dei commenti riportati sulla copertina nella versione inglese dice:
"His writing could not be more palate cleansing...his acidic
 riffs put you in mind Nick Hornby, Martin Amis and Philip Larkin all at the same time"
Questo palat cleansing rende molto l'idea: mentre gia' assapori quello che Nigel descrive con le sue sensazioni all'improvviso ti si resetta il palato con i racconti di cio' che accompagna queste scoperte primordiali.
Inequivocabilmente pero' farai il tifo per lui.

A me e' piaciuto comunque.
L'avevo acquistato (5 pounds al mercatino!!) soprattutto perche' mi aspettavo che un grande chef come lui riuscisse a trasmettermi attraverso la sua storia le radici culinarie della generazione moderna inglese, quella generazione che e' cresciuta a forza di TIN-FOOD cioe' cibo in scatola. Volevo la descrizione di quello che succedeva prima che la Gran Bretagna aprisse gli orizzonti culinari al mangiare sano, a quei tempi infatti il massimo della chiccheria era uscire dalla banalita' di tutti i giorni andando a mangiare francese, solo per poi ricadere in un mondo di salse e salsine che coprivano il reale sapore dei cibi. E proprio su queste salsine giocavano i ristoratori servendo la middle class britannica in saloni scintillanti e dorati in stile rococo'.

Magari in lingua originale lo si "gusta" meglio perche' e' un'occasione per imparare un sacco di vocaboli nuovissimi soprattutto aggettivi che servono alla descrizione dei cibi.

Da questo libro e' stato tratto un film che ha lo stesso titolo; credo che valga la pena di guardarlo gia' solo per la presenza di Helena Bonham Carter che fa la parte della cattiva .
Appena lo vedro' aggiornero' questo post con una mia opinione. 

Un'ultima cosa: perche' Toast?
All'inizio c'e' stato il toast della sua mamma, alla fine ci sara' il toast che gli fa da colazione la mattina in cui entra nelle sfere alte della ristorazione.

Nessun commento:

Posta un commento

Questo commento sara' letto anche dai miei bambini, tienilo presente!
Grazie Scake