da un'idea di "Era un anno a casa" un blog tutto ... da leggere!!!

giovedì 4 ottobre 2012

Tra la poesia e me

Chiedo scusa per questo post a tutti quelli che hanno una sensibilita' particolare nei confronti della poesia. 
Ne parlero' da ignorante, come voler ritagliare la seta con una cesoia. 
Ma e' l'unico modo che conosco per farlo. 
Ritengo questo mio approccio alla poesia come l'inizio di una relazione insolita, ma sentita e profonda.
Mi scuso con tutti i poeti che non conosco perche' non saranno citati qui.
Per me e' un buon inizio. 

 E' un periodo che leggo poesie.

Dico la verita': non mi e' mai piaciuto leggere poesie.
Prima.
Mi dicevo: ma tutte queste regole della rima, dell'alternanza di sestine, di calcoli complicati sulle sillabe...ma siamo matti? Mi sembrava che si volesse mettere romanticismo nella settimana enigmistica.
Che ignorante!
Quando la prof ci spiegava la metrica declamando poesie io mettevo il cervello in stand-by: ok, non me ne frega una cippa.
Anche adesso comunque, nonostante io sia una persona curiosa ed in genere quando una cosa comincia a piacermi ci giro attorno e raccolgo notizie in merito.
Non ho neanche ancora capito se sia necessario seguire delle regole per "poetare" o se si possa farne a meno.
La verita' e' che ho sempre preso le poesie imparate a memoria (per forza), lette per compito, composte dal compagno di banco innamorato (mai di me) solo dal lato emotivo.



Io per esempio ero il Leopardi.
Io VOLEVO essere il Leopardi.
Mi sentivo il passero solitario: una sfigatissima adolescente che abitava in un microscopico paese di una sperduta valle del Nord.
Anelavo al sabato del villaggio che non c'era mai perche' era tutto un gran mortorio, la luna era solitaria come me, e l'infinito?
E lo struggimento della mia anima incompresa?
Ci ho preso gli unici otto della mia carriera scolastica con il mio Leopardi.
Mi sono salvata alla maturita' nel '90 con Giacomo.
Anni dopo ho perfino fatto un pellegrinaggio devoto a Recanati e l'ho visto li', dietro quella finestra della biblioteca che dava sulla piazzetta, a guardare la vita scorrergli davanti.
Mi sono commossa rimirando l'infinito da quel colle.

Pero' resta il fatto che io di poesia non ci capisca assolutamente niente.

Non basta mettere li' due rime per fare una cosa seria.
Mica possiamo andare avanti tutta la vita a versi per bambini.
Anche si, penso pero' a qualcosa di piu' complesso.
Ho sempre ritenuto che la poesia in fondo mi sfuggisse, che fosse troppo alta per me e la mia capacita' di "afferrare".


Poi ho ripreso in mano un libro che mi aveva regalato mia madre e che raccontava la storia di Emily Dickinson una donna cosi' strana ed inquietante. Ho acquistato una raccolta di sue poesie su un banchetto al mare e mi sono innamorata della sua sensibilita', della sua sobrieta', dei suoi ritmi.

(19)
Un sepalo ed un petalo e una spina
in un comune mattino d'estate,
un fiasco di rugiada, un'ape o due, 
una brezza,
un frullo in mezzo agli alberi-
Ed io sono una rosa!

(705)
L'incertezza e' piu' ostile della morte.
La morte, anche se vasta,
e' soltanto la morte e non puo' crescere.
All'incertezza invece non c'e' limite,

perisce per risorgere
e morire di nuovo,
e' l'unione del nulla
con l'immortalita'

Dopo questa pima esperienza di riscoperta della poesia sono andata in biblioteca a sfogliare raccolte di opere di poetesse del passato, poetesse russe, donne sofferenti, profondissime.

 
Entrata nel blog-mondo ho conosciuto sebbene solo virtualmente questa donna che e' piu' nota come mammaF, ma ha una grande passione e lavorandoci su la lascia scaturire con sicurezza.
Le sue poesie mi sono piaciute all'istante.

Senza notte
 
Quando morirò spero non sia d’inverno.
Ma se così sarà, se renderò quanto resta
dell’anima in un banale febbraio
vorrei non fosse notte ma mattino,
violento e soleggiato dopo la neve,
un cielo rivoltato sottosopra, bianco da stordire.
Ascenderò sconcertata -  incalzata
dal gracchiare dei corvi,
raggiungerò il silenzio di dio.


Sul sito di Fosca ho scoperto che la sua poetessa preferita e' Sylvia Plath e non sapendo chi fosse ho dovuto andare a cercarla.


Io sono verticale

Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
cosi' da poter brillare di foglie a ogni marzo,
ne' sono la belta' di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovro' perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero e' immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma piu' clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.

Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,

alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu' perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata e' per me piu' naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e saro' utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
 

Di tutte queste donne che scrivono versi mi ha affascinato il loro saper andare a fondo in se stesse ed esprimere cio' che ci hanno trovato dentro.
In particolare Sylvia Plath capiva che non sapeva stare nel suo tempo, questa consapevolezza le provoco' un disagio grande e grave.

I disagi psichici mi colpiscono molto da qualche tempo in qua, da quando ho assaggiato "l'incubo delle sfumature" di cui parla Giuseppe Aloe in un suo racconto.  Il mio non e' stato un problema gravissimo e permanente, ma trovarsi ad un passo dal baratro ti fa girare lo sguardo attorno ed avere occhi diversi per chi e' piu' fragile, per chi non si adatta con facilita', per chi vive con il corpo i disagi della sua mente.
"...Aveva vissuto solo l'incubo delle sfumature, cosa che noi, che viviamo all'ingrosso, non conosceremo mai..." 
Giuseppe Aloe
 
 
A distanza di poco tempo dalla scoperta della Plath in una serata di lunedi' Saviano va a leggere una poesia di Wislawa Szymborska ed io rimango folgorata:"Devo cercare anche lei!" mi sono detta.
Non ricordo cosa lesse quella sera, so solo che prima proclamo' e poi parlo' di lei, ma io ero gia' catturata.

Vietnam

Donna, come ti chiami? – Non lo so.
Quando sei nata, da dove vieni? – Non lo so.
Perchè ti sei scavata una tana sottoterra? – Non lo so.
Da quando ti nascondi qui? – Non lo so.
Perché mi hai morso la mano? – Non lo so.
Sai che non ti faremo del male? – Non lo so.
Da che parte stai? – Non lo so.
Ora c’è la guerra civile, devi scegliere. – Non lo so.
Il tuo villaggio esiste ancora? – Non lo so.
Questi sono i tuoi figli? – Sì.



Sono convinta che e' stata la poesia a trovare me.
C'e' un tempo per ogni cosa e questo e' il momento in cui posso gustarmi versi poetici.
Adesso infati non mi scivolano piu' addosso, ma entrano nella testa e risuonano, provocano una risposta.
Finalmente li posso capire perche' rievocano nella mia memoria qualcosa di gia' vissuto, di gia' sperimentato.

In una notte oscura

"In una notte oscura,
con ansie infiammata dall’amore
-o sorte fortunata!-
uscii, senza esser notata
già stando la mia casa addormentata;

al buio e sicura
per la segreta scala, travestita,
-o sorte fortunata!-
allo scuro e celata,
stando già la mia casa addormentata.

Nella felice notte
segretamente, senza esser veduta
e senza veder nulla,
senz'altra luce e guida
se non quella che nel cuore mi ardeva.

E questa mi guidava
più certa della luce a mezzogiorno
là dove mi aspettava
Chi ben io conoscevo
in luogo ove nessuno si mostrava.

O notte che mi hai guidato!
O notte amabile più dei primi albori!
O notte che hai unito
l'Amato con l'amata,
l'amata nell'Amato trasformata!

Sul mio petto fiorito,
che per lui solo intatto si serbava,
lì rimase dormiente
ed io l'accarezzavo
e il ventaglio di cedri l'arieggiava.

E l'aura dei bastioni
mentre quei suoi capelli discioglievo
con la mano serena
nel collo mi feriva
e tutti i miei sensi sospendeva.

Dimentica, acquietata,
il volto reclinai sull'Amato,
tutto cessò e rimasi,
lasciando ogni mia cura,
circondata da gigli, obliata".

Questo e' un uomo. 
Non si direbbe vero? Si chiamava  Juan de Yepes Álvarez  e poi divenne San Giovanni della Croce
Ma la protagonista e' la sua anima ed l'Amato e' Cristo.
Anche questa e' un'esperienza di vita che e' culminata nella poesia, io non l'ho mai fatta, mi piacerebbe un giorno mi risuonasse dentro.

4 commenti:

  1. Grazie, immensamente grazie.
    Leggere di me (tralascio l'emozione di trovarmi in mezzo a poetesse titaniche) qui è stata una sorpresa bellissima.
    Fosca

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  2. Grazie a te!
    Grazie di lanciare nel web le tue opere cosi' che tutti ne possano godere.
    Ho dimenticato di chiedere ad Enrico se potevo usare la foto che ti ha scattato...
    Scake

    RispondiElimina

Questo commento sara' letto anche dai miei bambini, tienilo presente!
Grazie Scake